Inanellata,
-con il collare lucente del xhipuni-
fastosa
accarezzi l’alberello di pino
attorniata da scarmigliata vegetazione
Hai anche messo in posa un vaso
-carico di oleandri-
sulla sedia in paglia
e accarezzi anche l’umile podio
come se volessi narrarci qualcosa
quello è il tuo regno ma fa presto
Maria Immacolata
che la messa ti aspetta e tua mamma
-sfoggiante anch’essa aurei fiori nella veste-
è già sulla strada in pietra:
“Eja Marì, eja”.
A Riccardo
I cavalli di scisto dal mare
spezzati al tuo regno giunti
Languiscono le pagine miniate,
accanto ai mantelli senza sguardo
il monastero ha tutte le finestre aperte
la coltre istoriata narra di
una rosa che fiorisce, lontano.
(leggendo A. Frénaud, “Riva del mare e scisti a Collioure, vv. 8-16)
A San Demetrio
Le sagrestie tramandano
l’odore sacro degli armadi in noce
dove si affastellarono voci ricami confusi
statuette votive con San Giovanni
Lei canta il Lazari e sui polsi
nascono Cipride e fiori bianchi
il cuore manomesso da onde
Ogni lacrima ogni candela accesa
arriva alla Madonna e ad ogni santo
dai sandali d’oro e rose d’incenso.
Imbastiscimi l’anima di rose
-lo sciabordio dell’assenza-
le tue mani piene con i santini
così
ti sento
il fiato i polsi addosso
la cicatrice sul braccio
la statua di scisto oltre il colonnato
l’impenetrabile naos
il tufo come una voce d’un amante su
un treno che va
E tu che sorridi
(In copertina: foto di Valentina Di Cesare)